Afghanistan

ORA CI VUOLE LA NONVIOLENZA

La prima vittima della guerra è la verità. In Afghanistan quello che è accaduto negli ultimi 20 anni, dal 2001 al 2021, si è retto sulla menzogna, una montagna di bugie sostenute e diffuse dai militari combattenti delle varie fazioni, dai politici responsabili delle scelte fatte, dall’informazione al soldo degli interessi in campo. Poi ci sono le vittime in carne ed ossa, bambini, donne, uomini, morti o feriti sotto le bombe, negli attentati, negli scontri, o cercando di fuggire da un futuro di paura. La guerra cambia il significato delle parole: gli invasori diventano liberatori, i terroristi diventano patrioti, i morti degli altri diventano effetti collaterali.

L’invasione dell’Afghanistan e i bombardamenti su Kabul hanno innescato reazioni a catena con variabili indipendenti e fuori controllo, che in vent’anni hanno determinato una situazione insostenibile. La fuga precipitosa degli eserciti stranieri lascia il campo in mano proprio a chi doveva essere battuto. E quel che è peggio, gli lascia in eredità un ingente arsenale di armi che dovevano “esportare la democrazia” e ora saranno al servizio del nuovo Emirato islamico: cambia ideologia, ma la violenza è la stessa.

Un’intera generazione è cresciuta conoscendo solo la guerra come condizione di vita e di morte. I risultati di quella guerra sono la diminuzione delle aspettative di vita degli afghani, la crescita della mortalità infantile, l’aumento della povertà e il calo dell’alfabetizzazione. Solo i produttori di sistemi militari si sono arricchiti a dismisura, con un rendimento addirittura dell’872% ci dicono gli analisti della Rete Pace e Disarmo, di Opal, di Milex, gli unici che forniscono i dati reali di questa guerra che all’Italia è costata 8,7 miliardi di euro e agli Stati Uniti oltre 2mila miliardi di dollari. Ora vige il caos ed è facile prevedere che si aprirà la stagione della guerra civile tra le diverse etnie sostenute da altre potenze esterne. Il bottino Afghanistan è troppo ghiotto, ricco com’è di materie prime, produttore dell’80% di oppio a livello mondiale, e la cui importanza strategica geopolitica è determinata dal suo ruolo di crocevia asiatico.

Davanti a questo sfacelo, ampiamente previsto da chi si è opposto a questa guerra infinita, come a tutte le guerre, ci sono tre cose da fare:

  1. moltiplicare l’impegno nonviolento contro la preparazione della prossima guerra (contro l’industria bellica, contro i bilanci militari, contro le banche armate, per la smilitarizzazione e l’istituzione della difesa civile non armata e nonviolenta);
  2. offrire aiuto alle vittime della guerra, ai profughi che fuggono dalla violenza;
  3. sostenere l’islam nonviolento contro il fondamentalismo talebano, sull’esempio di Abdul Ghaffar, detto Badshah Khan (il Gandhi musulmano), che operò in Pakistan e Afghanistan, fondando il primo “esercito” nonviolento della storia addestrato professionalmente.
Movimento NonviolentoPubblicato il 29 agosto 2021
Mantovasulla Gazzetta di Mantova